I nuovi modelli organizzativi per sfuttare appieno la digitalizzazione

La digitalizzazione è un percorso ormai fondamentale per le imprese che devono far fronte alla crescente incertezza e complessità del contesto. Essa apre numerose opportunità perché consente la flessibilizzazione dei processi, la gestione della complessità attraverso la scienza dei dati, la migliore gestione delle interdipendenze tra le persone, le unità organizzative e le imprese.

Ma queste opportunità passano necessariamente dalla valorizzazione delle persone, che individuano le potenzialità delle tecnologie e le indirizzano verso l’ottimizzazione dell’organizzazione. Le competenze, la capacità innovativa e la volontà di contribuire delle persone sono elementi fondamentali di un processo di digitalizzazione di successo. Il management ha dunque il delicato compito non solo di guidare i processi di cambiamento tecnologico, ma prima ancora di attivare una trasformazione culturale e dei modelli di gestione.

Il convitato di pietra in questo percorso è il tradizionale modello meccanicistico dell’organizzazione, incentrato sulla gerarchia, sulla stretta divisione dei ruoli e dei compiti, sulla standardizzazione dei processi e delle attività, e su uno stile di management orientato al comando e controllo che guarda alle persone con una prospettiva funzionalistica.

I modelli organizzativi emergenti, più adatti a sfruttare appieno le potenzialità della digitalizzazione, perché capaci di liberare le energie delle persone, sono invece molto più piatti ed orizzontali, fino a diventare auto-organizzati, sono basati su reti di persone e di organizzazioni dai confini sfumati che interagiscono in modo flessibile, sono ambidestri, ovvero capaci di massimizzare i risultati dei business esistenti ma anche di ricercare innovazioni continue per tenere il passo con i cambiamenti del contesto. In poche parole, sono modelli agili.

Innanzitutto l’accountability: le persone all’interno dell’organizzazione e a tutti i livelli assumono la responsabilità dei risultati che producono e mettono in campo le proprie competenze, abilità e risorse per raggiungere gli obiettivi prefissati o, ancora meglio, autodeterminati. Non è più la struttura e la gerarchia a determinare cosa occorre fare, ma la consapevolezza del risultato da raggiungere.

In secondo luogo l’engagement, ovvero la capacità di coinvolgere le persone rispetto agli obiettivi dell’organizzazione in modo così significativo da generare un’attenzione, pensiero ed energia addizionali nel lavoro, al di là di quanto richiesto dal proprio ruolo. E questo avviene quando le persone trovano un significato più ampio in quello che fanno rispetto al contribuire al profitto dell’impresa e alla remunerazione del proprio lavoro.

Le imprese che riescono ad ingaggiare maggiormente le proprie persone sono quelle che riescono a creare un senso di appartenenza intorno a un purpose, un’idea, una vision e una mission che abbia significato e valore.

Accountability, engagement e purpose creano un circolo virtuoso e richiedono un cambiamento radicale nel management, che deve essere sempre più leader, e in particolare un leader partecipativo e trasformazionale, che ispiri, guidi, motivi, supporti il proprio team, e rinunci invece al micro-management, al comando e al controllo.

Senza questi ingredienti fondamentali, e senza il coinvolgimento e l’ingaggio delle persone che dovranno usarle, le nuove tecnologie digitali rischiano di creare organizzazioni rigide e aride anziché agili e innovative.

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